Moreness #13: Brain Rot è la parola del 2024, ma cosa vuol dire?
Perchè la mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere.
Buondì! Oggi parliamo di una parola che sta facendo discutere tutti nel 2024, tanto da guadagnarsi il titolo di “termine dell’anno” secondo l’Oxford Dictionary: Brain Rot.
Se non l’avete ancora sentita, preparatevi, perché è al centro di un vero e proprio terremoto digitale. Immaginate di scorrere il vostro feed senza sosta, tra meme, video, contenuti mordi-e-fuggi: sembra tutto innocuo, eppure l’effetto sulla nostra mente potrebbe essere più profondo di quanto pensiate.
Pronti a scoprire cosa si cela dietro questo fenomeno dal nome inquietante? Iniziamo.
PS! Dopo un anno davvero intenso, questa è l'ultima newsletter prima del periodo natalizio e conclude il 2024. Vi ringrazio per aver supportato questo progetto partito a luglio e ci rivediamo a gennaio 2025. E se vuoi aiutarmi nel progetto iscriviti e consiglialo!
Moreness #13: Brain Rot è la parola del 2024, ma cosa vuol dire?
Se passate ore e ore sullo smartphone, saltando da un video all’altro, da un meme a una clip virale, potreste star sperimentando una sorta di “marciume del cervello”. Un concetto inquietante, vero? Eppure, è proprio questa l’espressione che l’Oxford Dictionary ha scelto come parola dell’anno 2024: Brain Rot.
Ma perché dare tanta enfasi a una condizione che pare un vero e proprio horror psicologico digitale?
In un’era in cui la rivoluzione tecnologica e la proliferazione dei contenuti online hanno un impatto sempre più forte sulle nostre capacità di attenzione e pensiero critico, parlare di “brain rot” non è solo una provocazione. È uno specchio del nostro presente iperconnesso.
A proposito, di sovraccarico dovuto all’iperconnessione ne ho parlato qui.
Brain Rot: dal passato al futuro digitale
“Brain rot” ha guadagnato nuova rilevanza nel 2024, crescendo del 230% nel suo utilizzo rispetto all’anno precedente, come rilevato dagli esperti dell’Oxford Dictionary. Tuttavia non è una parola nuova: risale al 1854, quando Henry David Thoreau, in Walden, denunciava la tendenza della società a deprezzare le idee complesse in favore di quelle più semplici. Nel contesto odierno, questo termine descrive la “putrefazione mentale" causata dall’assunzione eccessiva di contenuti online “ultra leggeri” e di scarsa qualità.
“Mentre l'Inghilterra si sforza di curare il marciume delle patate nessuno si sforzerà di curare il marciume del cervello, che prevale in modo molto più diffuso e fatale? ”. Henry David Thoreau
In un mondo digitale in cui lo “scrolling” infinito su piattaforme come TikTok o Instagram ci spinge a consumare contenuti spesso futili, “brain rot” è oggi utilizzato non solo su social e blog, ma persino sui media tradizionali, evidenziando una preoccupazione condivisa: il rischio di un declino cognitivo generato da un consumo senza freni di materiale banale.
La tecnologia ci offre opportunità incredibili, ma porta con sé anche dei rischi. Se il vostro feed è popolato da video virali senza sostanza, meme privi di significato e clip randomiche, il vostro cervello finisce inevitabilmente sotto un continuo bombardamento di stimoli superficiali.
Il risultato? Meno attenzione, difficoltà a memorizzare, e un pensiero critico che rallenta.
Non è solo un’impressione: la ricerca scientifica lo conferma. Uno studio pubblicato nella National Library of Medicine mostra come l’esposizione prolungata a contenuti di scarsa qualità possa alterare la struttura stessa del nostro cervello, danneggiando le capacità di attenzione, memoria e sonno. Lo scrolling senza sosta costringe la nostra mente a reagire a stimoli rapidi e frammentati, rendendo più arduo concentrarsi su compiti complessi e immagazzinare informazioni in modo efficace.

Generazioni a confronti con la voce della Gen Z e Gen Alpha
Il termine “Brain Rot” è esploso in particolare tra la Gen Z e la Gen Alpha, le generazioni che vivono più intensamente l’esperienza online. È come se i giovani fossero al tempo stesso gli autori e le vittime del fenomeno: da un lato creano e diffondono contenuti di bassa qualità, dall’altro ne avvertono gli effetti negativi sulla propria mente.

Questa ironica auto-consapevolezza è ben descritta da Casper Grathwohl, direttore di Oxford Languages, che sottolinea come l’adozione del termine dimostri una sorta di sfacciata presa di coscienza dei rischi insiti nell’uso dei social media.
In un mondo dove tutto è a un click di distanza, fermarsi a riflettere è diventato un gesto controcorrente. La scelta di Oxford di eleggere “Brain Rot” come parola dell’anno è un invito a chiederci come stiamo utilizzando il nostro tempo, a cosa stiamo dedicando le nostre energie mentali. Questo non è un monito moralistico, ma una presa di coscienza: la qualità del nostro pensiero dipende dalla qualità dell’informazione che ingeriamo ogni giorno.
“La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere.” Plutarco
Pillole per rimediare al Brain Rot
Se l’idea di un “marciume del cervello” vi mette a disagio, la buona notizia è che esistono strategie concrete per invertire la rotta e riappropriarsi della propria lucidità mentale. Non servono miracoli, ma un po’ di consapevolezza e qualche accorgimento pratico:
1. Fate un detox digitale impostando limiti di tempo allo schermo
Prima di tutto, tracciate quanto tempo passate ogni giorno sui social, in streaming o a giocare. Poi fissate delle soglie massime e rispettatele. Togliete le app più dispersive, silenziate le notifiche non essenziali e, se possibile, evitate di immergervi nei contenuti digitali prima di dormire. Presto noterete un miglioramento nel vostro benessere mentale.
Qui come impostare limitazioni di utilizzo delle app su Apple e Android
2. Selezionate con cura i contenuti
Il vostro feed è uno spazio prezioso: non riempitelo di notizie urlate o meme senza senso. Unfollow per chi genera solo ansia o rabbia, e seguite account che offrono ispirazione, idee, valori positivi. La diversificazione delle fonti vi aiuterà a mantenere una visione più equilibrata del mondo.
3. Riscoprite il mondo offline e coltivate relazioni reali
Ricordatevi che c’è vita oltre lo schermo. Passeggiate nella natura per del “forest bathing“, fate sport, suonate uno strumento, scrivete un diario, provate la meditazione. Ogni hobby, esperienza o attività “analogica” è un investimento sul vostro benessere interiore. E invece di mandare un messaggio, provate a incontrare un amico/a di persona. Le connessioni umane autentiche, basate sulla presenza fisica e sull’ascolto reciproco, riducono lo stress e favoriscono un senso di appartenenza più profondo.



4. Allenate la mente
Se temete che il cervello si stia impigrendo, mettetelo alla prova. Imparate una lingua straniera, studiate un argomento complesso, fate puzzle logici o matematici, leggete saggi o romanzi impegnativi. Il cervello è come un muscolo: più lo sforzate in modo costruttivo, più diventa agile.
5. Cercate aiuto se necessario
Se sentite di aver perso il controllo, non isolatevi dietro lo schermo. Parlare con un professionista — psicologo, coach, terapeuta — può aiutarvi a gestire i vostri trigger, creare abitudini sane e stabilire obiettivi realistici per recuperare il vostro equilibrio cognitivo.
Quindi, cosa ci portiamo a casa?
“Brain Rot” non è solo una parola, ma un simbolo del nostro tempo. La rivoluzione tecnologica ci spinge verso nuovi orizzonti, ma ci ricorda anche di non trascurare la nostra capacità cognitiva.
Ammettiamolo: non tutte le interazioni digitali meritano una risposta immediata.
L’idea principale è che non è la quantità di contenuti a fare la differenza, ma la loro qualità. Forse la vera rivoluzione sta proprio nel rivendicare il diritto a una disconnessione consapevole, nel concederci il lusso di una risposta rimandata, o addirittura del silenzio digitale.
Non è menefreghismo, ma una strategia per proteggerci, per difendere la nostra attenzione, e riconquistare uno spazio mentale più sano.
E voi, come vi sentite in questo scrolling senza meta? Avete mai provato questa sensazione di “Brain Rot”?
Provate un semplice esperimento: per la prossima settimana, tagliate del 30% il consumo di contenuti “vuoti” e rimpiazzateli con materiale più stimolante. Poi raccontatemi come è andata.
Noterete differenze nella vostra capacità di attenzione, nella chiarezza delle vostre idee, nel vostro umore?
📚 Cose interessanti online
"The 'online brain': how the Internet may be changing our cognition" esplora come l'uso di Internet possa influenzare la nostra attenzione, memoria e cognizione sociale. Analizza le implicazioni neurocognitive dell'interazione costante con il mondo online e propone nuove direzioni per la ricerca futura su come queste interazioni possano modellare il nostro cervello e il nostro comportamento.
"Effect of Social Media Addiction on Executive Functioning Among Young Adults", lo studio ha scoperto che la dipendenza dai social media è associata a disturbi emotivi e scarsa qualità del sonno, che a loro volta peggiorano le funzioni cognitive.
🎙️ Un po' di cose belle
Oggi ho raccolto alcuni consigli interessantissimi condivisi recentemente su LinkedIn da Jacopo Perfetti, sul cambio di mentalità necessario per usare al meglio l'Intelligenza Artificiale Generativa: ovvero passare da una mentalità aziendale a una imprenditoriale.
Attendere vs. Sperimentare
Non attendere che ci venga fornito uno strumento ma cominciare a fare degli esperimenti in autonomia.
Costo vs. Investimento
Non attendere che sia l'azienda a darci uno strumento così da non sostenerne il costo ma investire, in primis su noi come professionisti, e pagare per uno strumento che, se usato correttamente, ci permette di lavorare meno, meglio.
Regole vs. Buon senso
Non attendere che in azienda ci sia una direttiva chiara sull'utilizzo dell'IA, arriveranno ed è giusto che arrivino. Nel frattempo però usiamo il nostro buon senso. Caricare documenti sensibili su uno strumento è sbagliato. Indipendentemente che sia uno strumento basato su IA o no.
Scuse vs. Soluzioni
Non cercare scuse per non usare l'IA, ma soluzioni per usarla avendo consapevolezza dei suoi limiti.
Limiti vs. Opportunità
L'IA non può ancora fare tutto (e per fortuna...). Possiamo concentrarci sui suoi limiti e usarli come giustificazioni per non usarla, oppure "spacchettare" il nostro lavoro in task più piccoli e capire quali automatizzare con l'IA e quali no.
Ruolo vs. Possibilità
Non limitarsi a usare l'IA per fare quello che il nostro ruolo ci impone di fare, ma andare oltre la nostra professione e provare a immaginare cosa potremmo fare che non abbiamo mai fatto. Se lavoriamo con i numeri usiamo l'IA per sperimentare con le immagini. Se siamo grafici proviamo ad usare l'IA per analizzare dati.

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Giambattista