Moreness #14: Condividere è da ingenui o da vincenti?
Condividere o monetizzare e il dilemma del sapere open source
Buondì! Oggi parliamo di condivisione.
Questa settimana niente ricerche scientifiche, niente grafici e niente report. Solo una riflessione nata da un pensiero che mi ha colpito di recente. Ma prima, un paio di comunicazioni di servizio:
📍 Da dove scrivo: Questa edizione di Moreness è stata scritta tra un caffè e una sessione di lavoro nel nuovo The Social Hub, un mix tra hotel, coworking e spazio creativo dove ho avuto il piacere di essere ospite lo scorso weekend, grazie a Linda, che ha seguito il suo sviluppo. Se sei curioso di scoprirlo, trovi più info qui → [link]
🎨 Moreness cambia pelle: E lo fa con stile. Grazie alla collaborazione con Marco Ferrari, artista e amico, che ha dato vita al manifesto di questa newsletter. Da oggi Moreness non sarà solo parole, ma anche immagini: animaletti bizzarri, figure mitologiche, creature grottesche popoleranno queste righe per accompagnarti nella lettura. E io? Io sarò un piccolo cavaliere, pronto a esplorare nuovi mondi per sviscerare i temi più interessanti.
Ma ora torniamo alla condivisione.
Qualche anno fa, un amico mi disse: “Se dai via troppo, finirai a mani vuote.”
Mi fece riflettere.
Perché in teoria ha senso, no? Se condividi tutto il tuo sapere, la tua esperienza, i tuoi strumenti… cosa ti resta?
Eppure, guardandomi intorno, ho sempre visto che chi condivide di più è quello che cresce di più. Lo vedi nelle startup che rilasciano codice open source e diventano giganti, nei creatori che danno valore gratuito e costruiscono community fedeli, nei maestri che insegnano senza trattenere nulla e vengono considerati i punti di riferimento.
Ma allora perché a volte ci sentiamo fregati quando qualcuno prende il nostro lavoro senza riconoscerlo? Perché ci sembra ingiusto quando la generosità viene sfruttata?
Ragioniamoci assieme.
Ciao, sono Giambattista e questa è Moreness, “the state of being more”. Leggo cose, vedo gente, prendo appunti e ogni due settimane condivido spunti originali per ampliare i tuoi punti di vista. Se questa mail ti è stata inoltrata, unisciti con un clic e iscriviti ora!
Una nuova veste a cura di Marco Ferrari.
Grazie alla visione di Marco Ferrari, artista e amico, il manifesto di questa newsletter prende vita. Da oggi, Moreness non sarà solo parole, ma anche immagini: bestie stravaganti, divinità dimenticate e creature surreali prenderanno vita tra queste righe, guidandoti in ogni lettura.
🙏 Un grazie speciale quindi ad AIDEL, duo di architettura formato da Cristina Gallizioli e Marco Ferrari, che usa pratiche artistiche per indagare lo spazio architettonico e si focalizza sulle relazioni tra corpi, spazi e paesaggi. Lavorano sia con strumenti concettuali che pratici come installazioni, performance, racconti, registrazioni corporee, compreso l'abitare come strumento di ricerca attiva. La loro ricerca si concentra sui concetti di domesticità e intimità sia negli ambienti di vita che nel paesaggio, interpretati attraverso i corpi e la percezione.
✉️ Moreness #14: Condividere è da ingenui o da vincenti?
Avete mai pensato a quanto usiamo, ogni giorno, qualcosa che qualcuno ha messo a disposizione gratuitamente? Dal codice open source che alimenta milioni di siti web ai tutorial su YouTube, passando per Wikipedia, che ha sostituito le enciclopedie nelle nostre ricerche veloci.
Condividere è il motore dell’innovazione. Ma, allo stesso tempo, c’è sempre qualcuno che si chiede: E se stessi regalando troppo?
Il dilemma è reale. Condividere o monetizzare? Qual è il confine tra accesso libero e sfruttamento?
Un po’ di storia
La condivisione del sapere è antica quanto l’uomo. Pensate alla Biblioteca di Alessandria, il primo grande tentativo di raccogliere tutto il sapere del mondo in un unico luogo accessibile a tutti. Oppure ai monaci amanuensi, che copiavano i testi a mano per preservarli e diffonderli nei monasteri.
Poi è arrivata la stampa di Gutenberg e la conoscenza è diventata più democratica. Nel tempo sono nate le biblioteche pubbliche, l’educazione gratuita e l’accesso all’informazione si è ampliato esponenzialmente.
E oggi? Oggi la condivisione si chiama Wikipedia, GitHub, Creative Commons e OpenAI.
Wikipedia ha eliminato le barriere delle vecchie enciclopedie a pagamento. È creata da volontari e accessibile ovunque.
GitHub ha reso il codice sorgente un patrimonio globale, permettendo agli sviluppatori di collaborare su scala mondiale.
Creative Commons ha dato agli artisti e ai creatori uno strumento per proteggere il loro lavoro e condividerlo con il mondo.
L’open source domina il mondo della tecnologia: senza software liberi come Linux o Python, Internet non sarebbe quello che conosciamo oggi.
Tutto bellissimo. Ma allora perché non tutti condividono? Perché qualcuno preferisce tenere per sé?
La mia esperienza con la condivisione
Ho sempre creduto nel valore della condivisione. Nel mio percorso professionale, ho avuto la fortuna di lavorare con persone straordinarie che hanno condiviso con me idee, strumenti, visioni. E io ho provato e provo a fare lo stesso.
Ho condiviso script, materiali, libri, conoscenze. Ho contribuito a migliorare software, segnalando bug, suggerendo soluzioni, mettendo tempo ed energia per costruire qualcosa di utile per tutti.
Non l’ho mai fatto per guadagnare. L’ho fatto perché credo che il sapere sia un patrimonio collettivo e che solo diffondendolo possiamo crescere.

Ma la condivisione ha un’etica. E quando viene tradita, lascia l’amaro in bocca.
Di recente, un progetto a cui ho dedicato tempo, risorse ed extra-ore è stato preso ed usato non per essere valorizzato, ma per sostituire chi lo aveva creato, mettendoci impegno e competenza.
E allora mi chiedo: quando la condivisione diventa sfruttamento per la monetizzazione?
L’open source ha cambiato il mondo, ma soffre di un paradosso: tanti lo usano, pochi riconoscono chi lo ha reso possibile.
Ci troviamo spesso davanti a un bivio: condividere o proteggere? Rendere accessibile o monetizzare?
Forse non esiste una risposta definitiva, ma una cosa è certa: la condivisione non è mai appropriazione.
La condivisione è come una candela: accendendo altre fiamme, diventa contagiosa.
E qui arriviamo a un altro problema: il paradosso della gratitudine. Tutti vogliono roba gratuita, ma quanti supportano chi la crea?
Prendiamo Wikipedia: miliardi di persone la usano, ma meno dell’1% dona qualcosa per mantenerla in vita. Oppure gli sviluppatori open source: il 70% dei software che usiamo ogni giorno si basa su codice scritto gratuitamente da qualcuno.
Ma pochi donano per supportare quei progetti e Nassim Taleb lo riassume bene.
“Gli uomini hanno sete di conoscenza, ma pochi ringraziano chi ha scavato il pozzo.” - Nassim Taleb
Immagino che anche voi nel vostro lavoro vi siate trovati a creare qualcosa, un documento, un template, uno standard che sia poi stato condiviso a supporto di tutti. Viviamo in un mondo in cui la conoscenza condivisa è data per scontata.
Condividere o monetizzare? Il dilemma eterno
Tutti vogliono accedere a contenuti gratuiti. Ma appena sei tu a crearli, scatta il dubbio: non dovrei guadagnarci qualcosa?
E qui entrano in gioco diversi modelli:
Open Source puro → Condividi tutto gratuitamente (ma rischi di essere sfruttato).
Modello Freemium → Offri qualcosa di base gratis, ma monetizzi con versioni premium (Spotify, Notion, ChatGPT).
Patreon & Crowdfunding → Le persone pagano volontariamente per supportarti.
Paywall & Exclusive Content → Accesso solo per chi paga (NYT, OnlyFans).
Non c’è un modello giusto o sbagliato. Dipende da quanto valore vuoi creare per gli altri e per te stesso.
Quindi, cosa mi porto a casa?
La condivisione ha reso il mondo più veloce, più accessibile, più innovativo.
Ma non tutti giocano in modo etico. Ci sono persone e aziende che sfruttano il lavoro gratuito senza contribuire.
Esistono modi per bilanciare condivisione e sostenibilità economica. Non tutto deve essere gratuito, ma non tutto deve essere a pagamento.
Chi copia sarà sempre secondo. L’innovazione vera non nasce dal copiare, ma dal migliorare, costruire, creare nuovo valore.
Nonostante tutto, continuerò a credere in questa filosofia della condivisione soprattutto quando mi trovo a condividere qualcosa che possa aiutare e spronare verso la sostenibilità ambientale (che è la mia passione e professione).
Perché alla fine: “sharing drives innovation; copying always comes second.”
Se questa newsletter ti ha fatto riflettere, fai la cosa giusta: condividila. 🚀
Se invece pensi che dovrei mettere tutto dietro un paywall, scrivimi e discutiamone. Forse hai ragione, forse no. 😉
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💬 La frase del giorno
La condivisione è come una candela: accendendo altre fiamme, diventa contagiosa.
🎙️ Un po' di cose belle
A proposito di condivisione, ecco un'immagine che dimostra quanto possa essere naturale la collaborazione. Il fotografo Enric Gener ha catturato questa scena surreale di un gabbiano che cavalca una tartaruga dopo aver passato ore a cercare la vita marina nel Mar Mediterraneo. L'immagine è stata finalista al concorso Ocean Photographer of the Year di Oceanographic.
🏗️♻️ Architettura e design sostenibile
In questa sezione troverai spunti, progetti e riflessioni tratti dal mio lavoro quotidiano, con un focus su soluzioni sostenibili e rispettose dell’ambiente.
Quest’anno sarò docente nel Master di Material Balance presso il Politecnico di Milano dove si parlerà di architettura sostenibile, circolarità e nuove soluzioni digitali per la progettazione architettonica. Qui il link al lancio del Master material balance.
✌️ Questo è tutto per oggi!
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Ti auguro un fine settimana fantastico!
Giambattista
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Il progetto artistico che accompagna la newsletter è a cura di Marco Ferrari.