Moreness #17: Se potessi scegliere un’epoca per curarti quale sarebbe?
Belle Époque? No grazie, preferisco gli antibiotici.
Buondì! Oggi parliamo di medicina, periodi storici e ottimismo.
Lo so, forse ti aspettavi la parte 2 sulla pensione che ti avevo promesso qualche settimana fa. Non ti preoccupare, ci sto lavorando.
Ma per diverse ragioni, ieri sera, tornando a Milano in treno, mi sono ritrovato a scrivere questa mail di getto. Sarà che nei giorni scorsi ho parlato con persone che stanno affrontando percorsi di cura, sarà che ho parlato con amici medici, sarà che a volte diamo per scontate cose che non lo sono affatto.
E allora mi sono posto una domanda: se potessi scegliere in quale epoca ammalarti, quale sceglieresti davvero?
Buona lettura.
Ciao, sono Giambattista e questa è Moreness, “the state of being more”. Leggo cose, vedo gente, prendo appunti e ogni due settimane condivido spunti originali per ampliare i miei punti di vista. Se questa mail ti è stata inoltrata, unisciti con un clic e iscriviti ora!
✉️ Moreness #17: Se potessi scegliere un’epoca per curarti quale sarebbe?
Oggi è il miglior momento della storia per ammalarsi. Lo so, sembra assurdo ma lasciami spiegare.
Se dovessi affrontare una malattia seria o un intervento chirurgico, in quale epoca vorresti trovarti?
Durante la Belle Époque, quando una banale infezione poteva uccidere perché gli antibiotici non esistevano ancora? O magari negli anni ‘50, quando un tumore era quasi sempre una condanna senza appello? Oppure oggi, nel 2025, in un mondo in cui la scienza ha compiuto passi da gigante e la medicina offre soluzioni sempre più efficaci?
La risposta per me è ovvia. Oggi.
Certamente sarebbe meglio non ammalarsi, il futuro lo possiamo solo immaginare, ma una cosa è certa: oggi la medicina è più avanzata che mai.
Eppure, troppo spesso ci lasciamo prendere dalla paura e dalla sfiducia. Ma te lo richiedo…
Se potessi scegliere un’epoca per curarti quale sarebbe?
Mi viene in mente Midnight in Paris, il film di Woody Allen. Il protagonista, Gil, è ossessionato dalla Parigi degli anni ‘20. Per lui, quella era l’epoca d’oro, il tempo magico in cui avrebbe voluto vivere, ma quando viene trasportato indietro nel tempo e incontra artisti come Hemingway e Picasso, scopre che loro stessi idealizzano un’epoca precedente, considerandola migliore della loro.
È quello che Allen chiama Golden Age Syndrome, la convinzione che il passato sia sempre stato migliore del presente.
Ma è davvero così?
Se fossimo vissuti cento anni fa, avremmo avuto un’aspettativa di vita decisamente più breve. Un’operazione di appendicite poteva costarci la vita. Le donne morivano di parto molto più spesso e la depressione era un “capriccio”.
Ogni epoca ha il suo fascino. Ma, se parliamo di medicina, il passato era tutto tranne che un’età dell’oro.
Un po' di numeri che danno speranza
I progressi scientifici non sono solo teoria o belle parole. I numeri lo dimostrano, e parlano chiaro:
390.100 nuove diagnosi di tumore in Italia nel 2024. Ma ecco il dato che fa la differenza: la mortalità tra i giovani adulti è calata del 28% negli uomini e del 21,4% nelle donne negli ultimi 15 anni. Un progresso enorme.
La chirurgia robotica sta trasformando le operazioni: interventi sempre più precisi, minori rischi, tempi di recupero ridotti. Quello che un tempo era un’operazione invasiva e traumatica oggi può essere risolto con un robot chirurgico che lavora con precisione millimetrica.
L’intelligenza artificiale viene già utilizzata per supportare i medici nelle diagnosi, migliorando velocità e accuratezza. Nei prossimi anni, potrebbe rivoluzionare le cure personalizzate e rendere ancora più efficace la prevenzione.
Le terapie cellulari avanzate, come quelle basate su cellule CAR-T, stanno cambiando il modo in cui affrontiamo malattie gravi come i tumori del sangue. Fino a pochi anni fa, una diagnosi di leucemia aggressiva lasciava pochissime speranze. Oggi, grazie alla ricerca, abbiamo cure che riescono a "riprogrammare" le cellule immunitarie del paziente per combattere il tumore dall'interno.
Questi dati non sono solo fredde statistiche, ma sono storie di persone che hanno avuto una seconda possibilità. Sono vite salvate, sofferenze ridotte, famiglie che possono guardare al futuro con speranza.
Ma allora, perché la malattia fa tanta paura?
Se siamo nel miglior momento storico per affrontare una malattia, perché comunque ci spaventa così tanto?
Forse perché ci sentiamo fragili di fronte alla medicina. Sappiamo che i progressi sono enormi, ma quando la malattia colpisce noi o una persona cara, scatta una paura ancestrale, irrazionale. La paura di perdere il controllo, di non sapere cosa succederà, di doverci affidare completamente ad altri.
E c’è un altro motivo: nonostante la scienza stia facendo passi da gigante, le cattive notizie fanno più rumore delle buone.
Ci bombardano con notizie su crisi ospedaliere, carenza di personale medico, liste d’attesa infinite. Tutto vero, per carità. Ma quello che spesso manca nel racconto è la parte positiva: oggi abbiamo più strumenti, più conoscenza, più possibilità di cura rispetto a qualsiasi epoca precedente.
Se un nostro bisnonno potesse vedere i progressi della medicina di oggi, probabilmente li considererebbe un miracolo.
Quindi, cosa mi porto a casa?
Non fraintendetemi: ammalarsi resta un’esperienza difficile, dolorosa, ingiusta. Nessun progresso scientifico potrà mai eliminare del tutto la sofferenza umana. Ma oggi, più che mai, credo che possiamo affrontarla con un fondato ottimismo.
Oggi possiamo curare malattie che un tempo erano incurabili. Oggi possiamo vivere più a lungo e con una qualità della vita migliore.
Oggi possiamo avere speranza.
Quindi, se voi o una persona cara state affrontando un momento difficile legato alla salute, sappiate questo: siamo nel miglior momento della storia per farcela.
Ed è qui che arriva l’ultimo punto. La scienza è fondamentale, ma la battaglia resta nostra. Per quanto incredibili siano le conquiste della medicina, c’è un elemento che credo nessuna tecnologia può sostituire: la nostra forza vitale.
Possiamo avere i migliori medici, i farmaci più innovativi, le terapie più avanzate. Ma se dentro di noi manca quella scintilla, se ci lasciamo sopraffare dalla paura, se smettiamo di lottare, allora nessuna cura sarà sufficiente. La determinazione, il coraggio, la voglia di farcela fanno la differenza tra chi affronta la malattia da spettatore e chi combatte da protagonista.
Non ho ancora trovato il tempo di approfondire studi scientifici sull’impatto della mente sul decorso delle malattie, e non sto dicendo che “basta pensare positivo e tutto andrà bene”. Sarebbe ingenuo e irrispettoso per chi lotta ogni giorno.
Ma quello che dico è questo: la scienza ci dà gli strumenti, ma la forza dobbiamo mettercela noi.
E questo vale per ogni aspetto della vita.
Oggi abbiamo il privilegio di vivere nel miglior momento della storia per affrontare una malattia.
E se in questo momento stai lottando non dimenticarlo.
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💬 La frase del giorno
“La medicina ha fatto così tanti progressi che ormai nessuno è sano.” – Aldous Huxley
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Giambattista
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Il progetto artistico che accompagna la newsletter è a cura dell’artista Marco Ferrari.