Moreness #19: È sempre colpa di un altro
Colpa del cliente, del collega, di quello che c'era prima e del cambiamento climatico.
Buondì! La scorsa settimana ero in un ristorante affollato, uno di quelli dove i tavoli sembrano appoggiati l’uno sull’altro e ti tocca fare l’acrobata per arrivare al bagno.
Mentre chiacchieravo con alcuni amici, una donna ha pestato — per sbaglio — la zampa di un cane e il cane ha guaito.
Lei, senza un attimo di esitazione, gli ha urlato contro: “È sempre tra i piedi!”
Non si è scusata, non si è fermata e non ha nemmeno abbassato lo sguardo. Ha incolpato il cane, per pura autodifesa. E mentre lei incolpava il cane, la sala taceva. Perché tutti, in un modo o nell'altro, si sono rivisti in quella scena.
È un riflesso. Una bugia gentile che ci raccontiamo da piccoli per evitare il castigo. Ma poi quella bugia cresce con noi; diventa un’abitudine; diventa una cultura; fino a diventare lo sport nazionale dell’alibi.
E allora oggi, con questa newsletter, voglio farti una domanda: Quante volte hai dato la colpa a qualcun altro, quando dovevi solo prenderti il coraggio di assumerti le responsabilità?
Ciao, sono Giambattista e questa è Moreness, “the state of being more”. Leggo cose, vedo gente, prendo appunti e ogni due settimane condivido spunti originali per ampliare i miei punti di vista. Se questa mail ti è stata inoltrata, unisciti con un clic e iscriviti ora!
✉️ Moreness #19: È sempre colpa di un altro
“È tipico di questo paese. È sempre colpa di un altro. È sempre colpa di quello che veniva prima, di quello che ha fatto il lavoro prima..."
È così che inizia un testo meraviglioso di Mattia Torre (1972-2019), uno degli autori più intelligenti e acuti della scena italiana, che con il suo umorismo cinico e lucidissimo ha descritto perfettamente questa dinamica.
Dal collega al cliente, dal dentista al muratore, dal governo al meccanico, nessuno ha mai una responsabilità propria. Come scrive Torre in "In mezzo al mare", è una piccola magia tutta italiana: milioni di cittadini e nessuno con una sola responsabilità. E intanto, ci convinciamo che la colpa sia sempre di qualcun altro.
"Ed è magnifico perché la responsabilità è come un palla che rimbalza in un campo e la colpa se l'abbiamo persa è del centrocampista che accusa il difensore che dice che il mediano è un mentecatto, e questo vale per tutto il paese - è una grande catena di sant'Antonio, è quasi una festa, per tutti tranne per chi viene fregato e si guarda indietro con un vago senso di malinconia, di disagio, perché è impossibile capire da dove la fregatura provenga, forse da altre epoche, da tempi lontanissimi.."
Il riflesso condizionato della colpa
Fin da piccoli, impariamo a dare la colpa a qualcun altro.
Lo facciamo per evitare punizioni, per difendere la nostra autostima, per sentirci nel giusto. Ma col tempo, questa strategia momentanea diventa un'abitudine. E l'abitudine diventa carattere. E il carattere diventa destino.
In ambito lavorativo, questa tendenza esplode. In ufficio i team si accusano a vicenda, i manager si coprono le spalle, i progetti falliscono e nessuno è mai davvero responsabile.
Ma più ci proteggiamo, più ci rendiamo ciechi rispetto a ciò che possiamo imparare.
I bias cognitivi che alimentano il gioco dello scaricabarile
Leggendo diversi studi ho scoperto che il "blame game" o in gergo italiano "scaricabarile" è alimentato da bias cognitivi profondi:
Errore fondamentale di attribuzione: quando qualcosa va storto, tendiamo ad attribuire agli altri colpe legate al loro carattere, ma se capita a noi, la causa è esterna.
Bias dell'attore-osservatore: vediamo le nostre azioni come reazioni a eventi, quelle degli altri come scelte deliberate. Detto ancora più facile, spesso pensiamo: quello lì lo ha sbagliato apposta.
Bias di conferma: cerchiamo prove che rafforzino la nostra innocenza e ignoriamo tutto il resto.
Questi bias non solo ci impediscono di crescere, ma danneggiano relazioni, leadership e team.
Il prezzo psicologico e professionale del dare la colpa
Secondo una ricerca dell’Harvard Business Review, dare la colpa agli altri mina la fiducia, erode la credibilità e, soprattutto, blocca l’apprendimento. Perché se non riconosciamo i nostri errori, non possiamo cambiare.
E se non cambiamo, li ripeteremo. Sempre.
Lo vedi nei piccoli gesti. Quel collega che, ogni volta che manca una scadenza, dà la colpa a un brief “scritto male”, a una mail “mai arrivata”, al cliente che “non era chiaro”.
Mai una volta che dica: “Ho sottovalutato i tempi. È stato un mio errore.”
E alla lunga, nessuno vuole lavorarci insieme. Perché quando c’è un problema, lo sai già: sarà sempre colpa tua.
E poi, senza rendermene conto, quel collega ero io. Pomeriggio tardi, ufficio che si svuota, dovevo dare una mano in una presentazione che doveva essere finita, ma non era neppure stata iniziata.
Il pensiero è scattato da solo, come un riflesso: “Non è colpa mia.”
Era tardi. Avevo fretta. Dovevo chiudere. E in fondo, era vero: qualcun altro aveva avuto un’incompresione. Ma mentre guardavo quel file, ho capito: la colpa non era di chi non lo aveva fatto.
La colpa era di chi aveva accettato di dare una mano senza metterci davvero la testa. E quello ero io.
Allora ho rifatto tutto da capo, con l’aiuto di colleghi volenterosi e tenaci. Non perché sono diligente, ma perché mi sono stufato di raccontarmi ca**ate ben confezionate. Perché il punto non è evitare l’errore, ma non delegare mai la responsabilità di ciò che sappiamo fare.
Solo chi si prende la responsabilità, può cambiare le cose.
Alla fine la presentazione è stata consegnata in tempo ed è stata un successo. Bastava metterci la testa prima. Lezione imparata che mi porto a casa.
La mentalità GSD (Get Shit Done) non tollera la colpa
In un contesto orientato all'azione, la colpa è un freno. Chi ha una mentalità GSD, ovvero vuole che le cose accadano per davvero, sa che ogni minuto speso a cercare un colpevole è un minuto perso che poteva essere usato per risolvere il problema.
Dare la colpa è un atto reattivo, non proattivo. Implica rimanere fermi, difendersi, giustificarsi. Chi invece si prende la responsabilità agisce: corregge, adatta, migliora.
E come racconta ancora Mattia Torre con geniale ironia:
"Si è sviluppata un'intera comunità di persone fintamente affrante per i disastri commessi da altri, ma subito pronte, se ben retribuite, a riparare il danno. 'Ma il danno è grave, eh?' 'Noi qui ci proviamo, non è detto che si risolve.'"
Una commedia umana grottesca che ci fa sorridere, finché non ci rendiamo conto che spesso ne siamo attori anche noi.
Come interrompere il ciclo della colpa
Interrompere il ciclo richiede coraggio e disciplina. Ma è possibile. Ecco alcune strategie pratiche che mi sono segnato:
Coltiva l'auto-consapevolezza: quando qualcosa va storto, chiediti: "Cosa ho fatto o non fatto che ha contribuito?"
Normalizza l'errore: sbagliare è umano. Non è il fallimento a definirci, ma la reazione.
Premia la responsabilità, non la perfezione: nelle aziende sane, chi ammette un errore viene apprezzato più di chi lo nasconde bene.
Dai il buon esempio: ammetti per primo i propri errori così che gli altri possano fare lo stesso e la cultura possa cambiare
Fai domande invece di accuse: “Cosa possiamo imparare da questo?” funziona molto meglio di “Di chi è la colpa?”
Quindi, cosa mi porto a casa?
Ogni volta che diamo la colpa a qualcun altro, rinunciamo a un pezzo del nostro potere. Prendersi la responsabilità non è un atto di debolezza, ma è un superpotere.
Rende liberi, credibili, rispettati. Rende risolvibili i problemi e ci fa crescere.
Ovviamente errare è umano, ma perseverare è diabolico. Quindi ok sbagliare ma non ci si deve prendere la mano che altrimenti al lavoro ti danno uno scatolone da riempire e ti indicano la porta.
La prossima volta che stai per dire “Non è colpa mia”, ripensa a Mattia Torre, e al suo libro "In mezzo al mare", che ci ha ricordato con tragica allegria che in Italia, anche dalle tombe borbottano ancora: “La colpa è di quelli di prima”.
E se proprio non puoi risolvere il problema restiamo tranquilli perché in questo paese la responsabilità è come un palla che rimbalza in un campo e la colpa se l'abbiamo persa è del centrocampista che accusa il difensore che dice che il mediano è un mentecatto…
E tu in che situazione recente hai dato la colpa a qualcun altro? Se conosci qualcuno che deve leggere queste righe, inoltra senza esitazione.
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💬 La frase del giorno
“Dare la colpa ci fa sentire al sicuro, ma ci rende più deboli. La vera forza sta nell’assumersi la responsabilità, imparare e agire.”
📚 Per approfondire
In mezzo al mare di Mattia Torre. La sequenza di questi “sette atti” rivela, fuori dalla scena in senso stretto, la complessità e la felicità narrativa di un autore a cui piace misurare, fotografare, reinventare il teatro del mondo.
Per ascoltare queste parole, ecco il video di Valerio Mastandrea che legge il monologo 'Colpa di un altro', tratto dal libro 'In mezzo al mare' di Mattia Torre.
🎙️ Un po' di cose belle
Ambiente: Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani 2024 di ISPRA, la raccolta differenziata continua a crescere: siamo arrivati al 66,6% a livello nazionale, con punte del 73,4% al Nord, 62,3% al Centro e 58,9% al Sud. Un risultato importante, frutto dell’impegno di cittadini, comuni e imprese.
Ma attenzione: raccogliere non basta. La raccolta differenziata è solo il primo passo. Perché i rifiuti diventino nuove risorse, è fondamentale che vengano effettivamente avviati al riciclo, cioè trattati in impianti specializzati per essere trasformati in nuovi materiali.
Differenziare è un gesto quotidiano che fa la differenza. Ma per chiudere davvero il cerchio, serve un sistema efficiente che porti ogni materiale al suo giusto destino.
Qui il link del post di Will.
Salute: Video brevi, scroll infinito, dopamina a ogni swipe. TikTok ad ogni clip ti spinge a guardare il prossimo. Capirlo è il primo passo per usarlo con più consapevolezza. E qui c’è un fumetto che te lo spiega [link]
🏗️♻️ Architettura e design sostenibile
In questa sezione troverai spunti, progetti e riflessioni tratti dal mio lavoro quotidiano, con un focus su soluzioni sostenibili e rispettose dell’ambiente.
Qualche giorno fa riflettevo su quanto velocemente stia evolvendo l’AI generativa — più di qualsiasi altra innovazione tecnologica nella storia.
La ruota ha rivoluzionato i trasporti… ma ha anche causato i primi incidenti.
Questa volta, cosa stiamo costruendo?
Avrò il piacere di parlarne durante l’evento organizzato dall’Ordine degli Architetti di Roma, insieme a menti brillanti come Gianna Angelini (AANT) e Giacomo Sanna.
Lunedì interverrò presso l’Ordine degli Architetti di Roma, per condividere come stiamo integrando l’AI nella progettazione sostenibile in Deerns Italia — un percorso fatto di domande, scoperte, rischi e opportunità.
Siete entusiasti? Preoccupati? O semplicemente curiosi? Qui maggiori informazioni [Link]Una piccola news ma che per me conta molto. Sono stato nominato Chair del Living Future Europe e quest’anno sarò a guida del Technical Advisory Group per la diffusione di Living Buildings in Europa. Per scoprirne di più qui il [Link]
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Giambattista
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Il progetto artistico che accompagna la newsletter è a cura dell’artista Marco Ferrari.