Moreness #20: Il Manifesto AI di Shopify è più di un memo. È un ultimatum.
Se non stai salendo, stai scivolando.
Buondì!
Un paio di settimane fa ero a REbuild Italia, un evento sul futuro del costruire. In mezzo ai tanti relatori, workshop e networking, qualcuno ha acceso una miccia.
Alberto Mattiello, esperto di innovazione, parlava di AI non come tecnologia, ma come mentalità. E durante il viaggio di ritorno, confrontandomi con il mio direttore tecnico, ho realizzato una cosa: la rivoluzione dell’AI non arriva con un software. Arriva con una domanda diversa.
Nel 2023 ci siamo chiesti: “Come possiamo usare questa tecnologia?”
Ora la vera domanda è: “Perché cavolo non la stai già usando?”
Questa newsletter non ti spiega come funziona l’AI, ma ti porta dentro un memo – quello del CEO di Shopify – che racconta come cambierà tutto: come si costruiscono i team, come si chiede un budget, come si misura una persona.
Non è un aggiornamento.
È una radiografia brutale del lavoro del futuro.
Ciao, sono Giambattista e questa è Moreness, “the state of being more”. Ogni due settimane condivido ciò che mi ha davvero acceso una lampadina. Se questa mail ti è stata girata, è perché qualcuno ha pensato che ti sarebbe piaciuta.
Iscriviti e ricevi la prossima in prima persona.
✉️ Moreness #20: Il Manifesto AI di Shopify è più di un memo. È un ultimatum.
“Se non stai salendo, stai scivolando.”– Tobias Lütke, CEO di Shopify
Qualche giorno fa, Tobi Lütke – CEO di Shopify – ha pubblicato un memo interno che ha fatto il giro del mondo (anche se non era pensato per farlo). Sei punti, chiari e affilati, che definiscono la nuova grammatica dell’intelligenza artificiale in azienda.
Non è un elenco di buone pratiche.
È un manifesto.
E se guidi un team, una startup o un’azienda, ti riguarda direttamente e non solo per curiosità. Perché quello che Lütke propone non è l’adozione di un tool. È un cambio radicale di paradigma.
Non si tratta più di “integrare l’AI nei processi”.
La domanda vera è: come riprogetti la tua organizzazione attorno all’AI?
I 6 principi cardine secondo Tobi Lütke




1. L'uso dell'AI è ora un'aspettativa di base per tutti.
Non è più opzionale. Non è più limitato a chi lavora in tech.
"Se sei ancora al punto di chiederti se devi imparare a usare l’AI, sei già in ritardo."
Nel memo, Lütke parla di "reflexive AI usage": l'uso spontaneo e abituale dell'intelligenza artificiale per pensare, creare, esplorare. Come un pensiero laterale sempre a disposizione. Come un collega.
Probabilmente avremmo sentito dire di recente: "Certo, abbiamo comprato un po’ di AI, tipo delle licenze Copilot, e le abbiamo assegnate a quel team".
A me suona come: abbiamo comprato un'astronave, l'abbiamo parcheggiata nel garage e per ora la usiamo per far dei giri nel giardino.
Ecco: questa dinamica è superata.
Per Tobi, tutti, nessuno escluso, devono essere in grado di utilizzare l’intelligenza artificiale. È la fine dell'era della delega. Non ci saranno più reparti AI, ma solo professionisti capaci di amplificare il proprio impatto grazie a questi strumenti. Chi non lo fa, semplicemente, scivola.
2. L'AI è parte integrante della fase di prototipazione (GSD).
Ogni progetto, prima ancora di chiedere tempo, budget o persone, deve passare da un ciclo veloce con AI.
"Prototipare con AI ti permette di capire più in fretta, costruire in meno tempo e testare prima."
GSD sta per "Get Shit Done" ovvero è l’arte di finire le cose. Il CEO di Shopify dice: nella fase di prototipazione, l’AI non è consigliata. È obbligatoria.
Se hai un’idea, la devi testare con un agente AI prima di coinvolgere un team intero. L'AI diventa la palestra della progettazione: low-cost, low-risk, high-learning.
3. L'uso dell'AI entrerà nelle performance review.
Promptare bene, contestualizzare, condividere risultati — tutto questo farà parte dei criteri con cui si valuta un professionista.
"La capacità di usare l’AI sarà misurata. Come già misuriamo leadership, ownership, impatto."
Questo è uno snodo cruciale. Shopify istituzionalizza l’AI come skill valutabile. Ma non ci sarà un corso strutturato, avrai strumenti all’avanguardia a disposizione (AI interna, Copilot, Claude), ma sta a te imparare come usarli.
L’iniziativa personale è tutto. Ma attenzione: la condivisione è altrettanto importante. Se scopri qualcosa, devi raccontarlo. Non puoi più crescere da solo.
4. Condivisione delle scoperte AI tra colleghi.
Ogni insight è valore aziendale. Slack, Notion e canali condivisi diventano luoghi di contaminazione continua.
"Apprendere da soli, condividere con tutti."
Non basta integrare l’AI nel proprio lavoro, ma devi farlo diventare parte della cultura collettiva del team. Ogni nuova comprensione, ogni prompt efficace, ogni fallimento utile: tutto deve essere condiviso.
Questo approccio abbatte le barriere di status e competizione interna e costruisce una cultura fondata sull’apprendimento distribuito.
5. Nessuna nuova assunzione, se l'AI può fare il lavoro.
Prima di chiedere nuove persone, dimostra che l’AI non basta.
"Ogni posizione deve passare da un test: perché non possiamo automatizzarla?"
Shopify inverte il paradigma dell’allocazione delle risorse: non si parte più da “quante persone ci servono?”, ma da “perché l’AI non può farlo?”.
Questo impone un nuovo tipo di design organizzativo dove i team diventano ibridi: umani + agenti.
E le HR dovranno abituarsi a pianificare organici in cui i BOT sono componenti operativi legittimi. Negli ultimi anni, le tech company si sono chieste quanto potessero essere “lean”, agili e leggere.
Ora, la vera domanda è: perché dovrei assumere un essere umano?
Il futuro non sarà più sostituire una persona con un’altra, ma sarà sostituire un’AI che non è all’altezza.
Ma attenzione: automatizzare non significa disumanizzare. Serve una nuova umanità professionale capace di integrare e supervisionare le AI.
6. Everyone means everyone
"Questa regola vale per tutti. Inclusi me e il team esecutivo."
Tutti devono usare l’intelligenza artificiale e nessuno è troppo in alto, troppo creativo o troppo senior per evitare il cambiamento. Il CEO lo dice esplicitamente: non è un’aspettativa “per gli altri”, ma è un impegno collettivo, che parte dall’alto e tocca ogni singola persona in azienda.
Questo è il punto più breve, ma anche il più potente perché azzera le scuse. Nelle aziende si sente spesso: “Eh ma i manager non lo usano”, “Il mio capo è analogico”, “Tanto chi decide va a braccio”. Basta. Se non sei parte della trasformazione allora la sta frenando.
E se sei al vertice, devi essere il primo a metterti in gioco.
Nessun alibi. Tutti vuol dire tutti. Punto.
7 principi fondamentali da estrarre dal manifesto
Vi riporto alcune riflessioni che credo possano essere estratte da questa breve memo, ve le riassumo qui.
L’AI non è più solo uno strumento. È un'infrastruttura organizzativa.
Non è un gadget che si integra nel nostro processo. Si ripensa tutto il processo partendo dall’AI. È il nuovo tessuto connettivo che potrebbe collegare ogni funzione aziendale.L’onere della prova si ribalta.
Non dovrai più giustificare perché usare l’AI, ma dovrai giustificare perché non la stai usando. L’inerzia non sarà più ammessa. Ogni decisione dovrà partire dalla domanda: l’AI può farlo? Questo può portare ad essere più produttivi ma anche salvare il tuo tempo su attività noiose che non ti portano un valore aggiunto.La prompt literacy è la nuova alfabetizzazione.
Chi sa dialogare con l’AI, sa amplificare il proprio impatto. È la nuova forma di eloquenza professionale e i top performer saranno i migliori prompter: capaci di tradurre problemi complessi in richieste comprensibili per un agente cognitivo.Il prompt engineering è il processo di formulazione e ottimizzazione di un'istruzione per ottenere il miglior risultato possibile da un modello di intelligenza artificiale generativa. Consiste nel definire con precisione il prompt, ossia l'input fornito al modello, per guidarlo verso risposte più pertinenti, accurate e utili. Questa tecnica è fondamentale per sfruttare al meglio le capacità dell'IA nella generazione di contenuti, analisi e risoluzione di problemi.
Il ciclo build-learn-share diventa standard.
Non basta fare, devi imparare e poi condividere. L’apprendimento individuale deve trasformarsi in capitale collettivo. È un dovere organizzativo, non una scelta opzionale.Ogni team avrà agenti umani e agenti artificiali e l’organigramma si fluidifica.
Il tuo team è già ibrido, che tu lo voglia o no. I ruoli dovranno essere ripensati tenendo conto dell’interazione continua tra cervello umano e cervello sintetico. Le strutture diventeranno ibride, dinamiche. La pianificazione del capitale umano si estenderà ai BOT, agli agenti, alle API. Cambia il concetto stesso di team e di leadership.Massimizzazione dell’impatto individuale nell’era dell’amplificazione cognitiva.
L’intelligenza artificiale non serve a sostituire le persone, ma a espandere ciò che ogni persona può realizzare. Non stiamo parlando di aumenti graduali di produttività: parliamo di salti quantici nella capacità di analisi, decisione, creazione. L’AI non fa semplicemente “di più”, ma ti rende capace di fare cose nuove, che prima non erano nemmeno immaginabili e di salvare il tempo su attività noiose e poco stimolanti. È l’estensione naturale delle tue capacità mentali e formative.Ogni ruolo presto rischierà di essere sotto scrutinio cognitivo.
Ogni funzione aziendale potrebbe essere riesaminata alla luce dell’AI: serve davvero una persona? O serve un umano che guida, controlla o collabora con l’AI? La domanda non è più “chi fa cosa”, ma “cosa può fare chi, insieme a quale AI?”
Quindi, cosa mi porto a casa?
Shopify ha alzato l’asticella. Non è più tempo di "sperimentazioni". È tempo di trasformazioni radicali.
Ogni azienda, ogni team, ogni professionista dovrà chiedersi:
Sto usando l’AI come leva strutturale o come gadget?
So giustificare perché serve una persona anziché un agente AI?
Sto crescendo da solo o sto crescendo con il mio team?
Sto amplificando davvero il mio potenziale cognitivo?
L’AI non è più il futuro. È il presente. E il modo in cui scegli di trattarla determinerà quanto sarai rilevante domani.
E tu che ne pensi? Fammi sapere nei commenti.
E se conosci qualcuno che deve leggere questa roba, inoltrala subito.
Hai trovato utile questo post? Moreness è gratuita e mi farebbe piacere se la condividessi con chi potrebbe apprezzarla. E se non l’hai ancora fatto, unisciti alla newsletter: il tuo supporto mi aiuta a creare nuovi contenuti. Grazie mille!
💬 La frase del giorno
“La domanda non è se userai l’AI, ma è: quanto ti costerà non farlo?”
📚 Per approfondire
Qui il link per leggere il post X originale di Tobi Lütke.
Moreness #7: Che cos’è davvero l’intelligenza artificiale? - Mustafa Suleyman, co-fondatore di DeepMind e nuovo capo dell’IA di Microsoft, l'ha raccontato in un TED Talk che ha davvero lasciato il segno. Se volete scoprire di cosa si tratta, continuate a leggere o guardate il video.
🎙️ Un po' di cose belle
Ambiente, acqua e architettura: Alla Biennale, il Leone d’Oro è stato assegnato a Canal Café, un progetto innovativo firmato dagli amici Diller Scofidio + Renfro. La loro straordinaria idea si concentra sulla purificazione dell’acqua dei canali di Venezia, trasformandola in un cafè espresso.
Ma non è solo una provocazione affascinante. Canal Café è un manifesto di sostenibilità, un esperimento audace che sfida le convenzioni e reinterpreta i nostri rituali quotidiani con un nuovo significato. Un invito a riflettere su come possiamo utilizzare le risorse naturali con maggiore creatività e responsabilità, ridefinendo il nostro rapporto con l’ambiente attraverso un gesto tanto semplice quanto rivoluzionario.
🏗️♻️ Architettura e design sostenibile
In questa sezione troverai spunti, progetti e riflessioni tratti dal mio lavoro quotidiano, con un focus su soluzioni sostenibili e rispettose dell’ambiente.
Siccome ci riavviciniamo all’estate ripenso all’anno scorso quando, a Milano, alcune notti di luglio non sono mai scese sotto i 30 gradi. L’asfalto sembrava trattenere il giorno, le case non lasciavano entrare un sospiro di vento. E la corrente di diversi quartieri saltava a causa del grande uso dei condizionatori.
Non era un’eccezione: era il nuovo normale. E questa estate mi aspetto una situazione analoga.
Nel suo editoriale sul Sole 24 Ore, Carlo Ratti – curatore della Biennale Architettura di Venezia – lancia un messaggio chiaro: non è più tempo di mitigare, ma di adattarsi. Non basta ridurre le emissioni. Serve:
costruire edifici che respirano, come organismi viventi;
materiali che assorbono energia e rilasciano freschezza;
spazi pubblici che rallentino l’acqua e il calore;
e – soprattutto – ripensare come educhiamo chi costruirà il nostro futuro.
Le nostre città si fondano su presupposti superati: energia a basso costo, espansione illimitata, stabilità climatica. E così oggi sono troppo rigide per piegarsi, troppo fragili per resistere.
La Biennale raccontata da Carlo Ratti non è solo una mostra, ma diventa un banco di prova. Un luogo dove il fallimento è contemplato, se porta innovazione. E dove l’architettura torna a farsi domande radicali.
Come ci adattiamo?
Come impariamo, disimpariamo, reinventiamo?
È tempo che anche l’educazione – professionale, quotidiana – si metta al passo. Perché se non cambiamo noi, non cambierà niente.. [Link]
Pochi giorni fa ho parlato di intelligenza artificiale presso l’Ordine degli Architetti di Roma al link un pò di informazioni sull’evento. [Link]
✌️ Questo è tutto per oggi!
Se questo articolo ti è piaciuto, considera queste opzioni:
🍻 Leggimi con i tuoi amici — Moreness vive grazie al passaparola. Condividi l'articolo con qualcuno a cui potrebbe piacere.
✍️ Scrivimi — Come sempre, mi fa piacere sentire l’opinione dei miei lettori (e se sei arrivato fin qui, sei uno dei più coraggiosi). Non esitare a connetterti con me su LinkedIn o rispondermi a questa email.
Ti auguro un fine settimana fantastico!
Giambattista
Grazie per aver letto MORENESS! Iscriviti gratuitamente per ricevere nuovi post e per supportare il mio lavoro.
Il progetto artistico che accompagna la newsletter è a cura dell’artista Marco Ferrari.